TikTok, di chi è la colpa?
Ai genitori spetta un compito nevralgico ma non risolutivo. I genitori devono fare la loro parte ma è necessario che tutti si assumano le loro responsabilità, compreso TikTok.
Una bambina di Palermo è morta dopo che i genitori l’hanno trovata in bagno con una cintura stretta al collo. Probabilmente, secondo i giornali, è stata vittima di una “Blackout Challenge”, un’ assurda sfida che prevede la compressione della carotide fino al soffocamento. Ma più che una sfida è un fenomeno emulativo che ormai spopola sul web, soprattutto fra i giovanissimi, insieme a tanti altri. Un fenomeno diventato ormai celebre sempre per lo stesso motivo: a rimetterci la vita sono i più piccoli.
È una morte assurda che ci impone di riflettere ancora una volta sui social, questa volta a farne le spese è il social TikTok. Le indagini sono attualmente in corso ma secondo le prime informazioni la bambina lo avrebbe fatto per pubblicarlo su TikTok, è morta mentre probabilmente registrava la sua impresa sul social con il più alto numero di giovani e pre-adolescenti. E’ tra le app più scaricate ed utilizzate al mondo.
Anche il Garante Privacy italiano è intervenuto disponendo il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica, non è neanche la prima volta che l’autorità interviene.
Dei rischi di TikTok ne avevo parlato più di un anno fa in questo articolo su Agenda Digitale e non ero stato neanche l’unico ad accorgersi dei pericoli. Il rischio era noto: sul web circola di tutto, troppi rischi ed il minore da solo non è in grado di affrontarli.
“Crescere immersi nel web sin da piccoli significa rischiare di non essere in grado di distinguere il reale dal virtuale, ciò che è giusto da ciò che non lo è. L’immagine ed il sensazionale prende il posto dei valori lasciando al genitore un compito troppo residuale: da educatore il genitore diventa “correttore””. Così scrivevo quasi un anno e mezzo fa, prima di tutto, prima ancora che la pandemia aggravasse il fenomeno dell’utilizzo disordinato dei social.
I genitori
“Si sapeva” direbbe qualcuno “i genitori dovevano vigilare”.
In questo momento possiamo solo lontanamente immaginare il dolore dei genitori. A loro va un caloroso abbraccio ed una dolorosa presa di coscienza: i genitori non devono e non possono essere lasciati da soli.
Per evitare altre tragedie in futuro serve che tutti facciano il loro mestiere, e lo facciano bene.
L’impossibilità di controllare talvolta nasce delle colpe di chi fino ad oggi ha impedito ai genitori stessi di comprendere i rischi del web. Nasce dal digital divide, dai tassi di analfabetizzazione scolastica, dalle mancate campagne di sensibilizzazione, dall’esempio delle istituzioni, e perché no, nasce anche dal dilagante fenomeno del relativismo post-moderno, che sembra non importare al legislatore, per cui nessuno più crede ai principi di oggettività scientifica (es. no-vax, terrapiattismo, no-covid, scie chimiche etc).
La tecnologia è troppo veloce e l’infodemia dilaga, un genitore non può conoscere fino in fondo come funzioni ogni social, il web ed i rischi stessi aumentano esponenzialmente (es. grooming, sex extortion, gambling, revenge porn, sexting e le varie challenge: black out, eyeballing, blue whale, chocking game, pass-out game, skullbreaker, knock out ). Il genitore ha un compito nevralgico ma che non può essere risolutivo dei rischi.
I social sono ormai radicati nelle nostre abitudini quotidiane, controllare tutto non è possibile. I nostri stessi televisori, gli orologi, gli smartphone, le automobili etc nascono con il web/social incorporato e quelle che anni fa sembravano le soluzioni (es. YouTube Kids o Parental Control installati su base volontaria) oggi non sono sufficienti. La preclusione all’iscrizione dei minori su TikTok e sui social in generale da sola non argina il fenomeno.
Cosa serve per limitare i rischi
Anzitutto è necessario che TikTok si assuma le sue responsabilità ma potrebbe non bastare.
Serve una Security & Privacy radicata nella progettazione degli strumenti stessi ed un controllo in itinere.
Servono nuove norme al passo con i tempi, e per farle servirebbero consapevolezza e responsabilità di chi in Italia esercita la funzione legislativa, nessuno escluso: maggioranza ed opposizione.
Serve dare priorità legislativa al contrasto delle fake news per iniziare un percorso di accreditamento delle informazioni sul web affinché il web generi cultura.
Serve ridare centralità all’incontro umano, alla vita reale più che alla vita virtuale dei minori.
Servono azioni concrete e dirompenti anche in Europa affinché anche i big-data facciano la loro parte. Dovrebbero vigilare, filtrare, bannare, e anche denunciare, esattamente come dovrebbe fare ognuno di noi davanti anche ad un semplice sospetto.
Servono azioni di sensibilizzazione radicate nella cultura, azioni costanti, incisive nei tessuti sociali dove sono i giovani, per esempio la scuola. Proprio loro che, dati alla mano, stanno crescendo senza una reale percezione dell’importanza della privacy. Lo dicevo nell’articolo:
“I minori rischiano di crescere privati della cosa più importante: la percezione dell’importanza della tutela della vita, la loro privacy, il diritto ad avere un segreto e decidere in tutta libertà cosa raccontare e cosa nascondere, poter scegliere in tutta libertà quale parte di mostrare e a chi”.
Oggi è tardi per rimettere al mondo una vita ma verrebbe da chiedersi: se il rischio era noto perché tutto questo non è stato fatto? Chi doveva vigilare? Chi se ne doveva occupare?
Speriamo non servano altri morti per dimostrare quanto queste azioni siano essenziali.
Una “challenge” su TikTok non può valere una vita e, se il clamore della notizia anche questa volta non verrà sfruttato per intraprendere una nuova strada, davanti alla prossima vittima saremo tutti più responsabili. Ora o mai più.